Scultura Orafa Colosseo
A Roma l’eternità è un fatto di sangue, radicato fin nelle ossa di una “città eterna” che si riscopre ogni giorno viva nella ricchezza della sua storia e nel potere evocativo delle sue rovine.
Non è un caso che qui l’eterno abbia il volto del Colosseo. Imponente e maestoso nonostante i secoli, le battaglie, le intemperie e le varie vicissitudini che lo hanno coinvolto nel corso del tempo, oggi l’Anfiteatro Flavio è nell’immaginario visivo universale l’icona della grandezza e del potere di Roma.
Non solo l’esempio passato dell’avanzata ingegneria dell’impero romano, ma emblema di un’egemonia culturale che l’Italia, e in particolare Roma, continuano a perpetrare tutt’ora nel mondo con la loro Storia.
Nel Duemila a riprova di ciò il film di produzione americana Il Gladiatore di Ridley Scott rendendo nuovamente vivido il ricordo dei fasti del Colosseo, con la figura del Generale Massimo Decimo Meridio (Russell Crowe) sovrascrive la cultura visuale storica tramite una narrazione cinematografica romanzata di grande impatto.
Da luogo dell’intrattenimento dove morte e gloria erano indissolubilmente legate, il Colosseo diviene lo spazio della redenzione ad opera del sacrificio. In questi termini l’immagine valoriale del Colosseo si rafforza, sottolineando la dicotomia tra onore e disfatta, sacrificio e libertà.
Inseguendo oggi il sogno romano della gloria eterna i nuovi anfiteatri diventano stadi di calcio, dal gioco meno cruento ma con le stesse utopie. A Roma lo Stadio Olimpico riattualizza la tradizione dell’intrattenimento del Colosseo, ricordando la lezione originaria. L’eternità ha bisogno di sacrificio.
Ogni opera cede dinanzi all’Anfiteatro dei Cesari, la fama parlerà ormai d’una sola opera al posto di tutte
Così Marziale scrisse riguardo al Colosseo nel Liber de Spectaculis, la raccolta di epigrammi composti proprio in occasione dell’inaugurazione dell’Anfiteatro Flavio nell’80 d.c.
I lavori, iniziati tra il 70 e il 72 d.c. sul terreno dove Nerone aveva fatto scavare uno stagnum artificiale per la propria domus aurea sottraendo uno spazio pubblico per il proprio tornaconto personale, luogo appositamente scelto da Vespasiano proprio per sottolineare il distacco dal principato tirannico dell’ultimo esponente della gens giulio-claudia, sarebbero stati completati sotto la reggenza del figlio Tito e poco dopo, sotto Domiziano, furono apportate notevoli modifiche come la realizzazione dei sotterranei dell’arena.
Dopo quasi duemila anni di storia, sopravvissuto a deturpazioni, incuria e disastri naturali di cui porta evidenti le cicatrici, il Colosseo è ancora lì, maestoso, simbolico ed eterno, a rappresentare l’immagine più evocativa della Caput Mundi e della sua eternità.