Scultura Orafa Bocca della Verità
Verità o menzogna? È la croce di notti insonni, attanagliate dal dubbio e afflitte dall’inquietudine del pensiero. Nell’orizzonte filosofico l’interrogativo sul vero ha sempre suscitato grande interesse, poiché implicato nella questione del reale e della sua rappresentazione.
Le maschere celando e dissimulando il volto sotto altri occhi e fattezze svolgono in questa linea un ruolo interpretativo decisivo all’interno di un sistema di simboli e significati culturali specifici.
In questo frangente Bocca della Verità, custodita nel pronao esterno della Chiesa di Santa Maria Cosmedin, cela nella sua esistenza l’istantanea di storie e vissuti ancora echeggianti.
Inizialmente concepita infatti come tombino nelle strade di Roma Antica, ha raccolto innumerevoli testimonianze di vita nel corso del suo tempo. Si tende il più delle volte a sottovalutare il potere memoriale del suolo. In virtù della sua originaria destinazione il mascherone ritrae l’effige di una divinità marina o fluviale intenta a inghiottire l’acqua piovana, dal momento che nella credenza popolare romana tutte le acque dovevano tornare al dio Oceano.
Già nell’anno Mille Bocca della Verità appare nella guida al pellegrino Mirabilia Urbis Dominae come in grado di pronunciare oracoli. Le leggende nate in età medievale battezzano Bocca della Verità come antesignana della macchina della verità, tramandandone l’immagine di giudice nelle questioni di infedeltà coniugale.
A catturare questo aspetto nell’immaginario visivo mondiale è lo spavento di Audrey Hepburn in Vacanze Romane, credendo che il mascherone abbia mozzato la mano del suo accompagnatore in seguito al racconto di una bugia.
Qualche anno più tardi l’influenza iconica di Bocca della Verità si riscontra anche nell’opera di Mario Cerioli, che la reinventa nella testata di un letto, andando a riattivare la simbologia medievale.
Simulacro e oracolo Bocca della Verità è emblema della romanità, in cui storia e leggenda, verità e menzogna si mescolano in un’unica entità senza soluzione di continuità.
Reliquia dalla fama di macchina della verità ante litteram, il mascherone marmoreo raffigurante un volto maschile, nel corso del tempo identificato con Giove, Oceano o un fauno, è in realtà un tombino risalente al VI secolo a.c. quando, sotto il regno di Tarquinio il Superbo, venne completata l’edificazione della Cloaca Maxima, oggi una delle condotte fognarie più antiche del mondo.
La scultura deve la propria reputazione di custode della verità ad una leggenda di epoca medievale: il nome ‘’bocca della verità’’ appare, infatti, per la prima volta nel 1485, che la vedeva capace di individuare la menzogna, in particolar modo in relazione alle donne accusate dai propri mariti di aver commesso adulterio e a questo scopo subirà per tutta l’età medievale un grande pellegrinaggio di mariti desiderosi di sottoporre al suo giudizio le proprie mogli.
Inizialmente collocata all’esterno del portico della chiesa di Santa Maria in Cosmedin, sarà spostata al suo interno in seguito ai restauri voluti da papa Urbano VIII nel 1631-32 e lì si trova tutt’ora.
Sarà poi grazie al film ‘’Vacanze Romane’’ del 1953 che la scultura marmorea guadagnerà la notorietà internazionale che possiede oggi.